“La religione politeista e la filosofia greca” di Antonio Petrucci (1)

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A corollario del suo apprezzato intervento del 20 aprile u.s., il prof. Antonio Petrucci ha preparato per Inventori di strade il breve ma denso saggio che qui pubblichiamo per la prima parte, rinviando la seconda tra una settimana:

PARTE PRIMA

La religione politeista

Che cosa è il politeismo antropomorfico? È una religione con molti dei (poli-teismo) di forma umana (antropo-morfo). Tale fu la religione dei Greci, al tempo di Omero e di Esiodo, dei miti sugli dei e sugli eroi.

Le dodici divinità principali vivevano sul monte Olimpo e passavano il tempo ad amare, a banchettare (con nettare e ambrosia) e a divertirsi (ognuno aveva i suoi svaghi preferiti). Quando si annoiavano, del resto, non esitavano a mescolarsi con gli uomini e a lasciarsi coinvolgere dalle passioni umane. Le avventure amorose di Zeus erano infinite e la terra era popolata da eroi suoi figli (il più famoso dei quali fu Eracle).

Oggi, a noi, questo pittoresco, folcloristico, teatrale, mondo di divinità ricorda una soap-opera con tutti gli intrighi, i matrimoni, i tradimenti, le gelosie, i divorzi, la rete di parentele di una post-moderna famiglia “allargata”.

Eppure, bene o male, il politeismo antropomorfico costituì un passo avanti verso il monoteismo rispetto alle precedenti religioni naturaliste o animiste – poiché aveva distinto dio dalla natura, lo aveva personalizzato e, infine aveva cercato di costituire una gerarchia fra divinità minori e maggiori, gerarchia che aveva il suo capo in Zeus.

La religione politeista aveva anche cercato di introdurre le categorie del bene e del male – insomma un’etica teologica – riuscendoci poco in verità. Le passioni umane erano troppo forti e gli dei non riuscivano a dare il buon esempio… Poiché alla fine non erano che uomini, nient’altro che uomini, col privilegio dell’immortalità e della giovinezza.

Anche la loro trascendenza era “minimalista”: non vivevano “nei cieli”, ma sulla terra, in cima ai monti o negli abissi del mare, perfino nel sottosuolo, dove ribolle la lava dell’Etna o passeggiano i morti.

I sacrifici umani

La religione politeista antropomorfica costituisce un passo avanti anche rispetto alle religioni totemiche, caratterizzate da divinità animali e da sacrifici umani. Due sono i miti da ricordare.

Il primo è quello di Teseo e del minotauro.

Racconta dunque il mito che c’era questo mostro – metà uomo e metà toro – concepito da Pasifae – che Minosse re di Creta aveva fatto rinchiudere in un labirinto appositamente costruito. Ogni nove anni gli Ateniesi dovevano mandare a Creta sette giovani e sette giovinette che, introdotti nel labirinto, servivano da pasto alla belva. Ma un giorno l’eroe Teseo decide di affrontare il minotauro. Con l’aiuto di Arianna, figlia di Minosse, riesce ad ucciderlo. I quattordici giovani vengono liberati. La schiavitù è finita. Teseo ha ucciso il minotauro e, forse, anche una religione cruenta. Senonché…

All’inizio sembra che qualcosa, nel mito, non funzioni come dovrebbe. Teseo, che è stato aiutato da Arianna, innamorata di lui, la porta con sé, ma poi l’abbandona (la dimentica?) su un’isola deserta, esponendola a morte certa. Ma arriva il dio Dioniso e fa di Arianna la sua compagna. Forse il mito allude alla nascita di un’altra religione (dopo quella dell’uomo-toro) – quella di Dioniso, il dio dell’ebrezza. Ma il politeismo è per sua natura un “sistema aperto” e un dio in più o in meno non fa crollare il “sistema”.

L’altro mito ci conduce all’inizio della guerra di Troia.

La flotta greca, che deve salpare per Troia, è bloccata da venti contrari. L’oracolo impone il sacrificio della giovane più bella e più nobile – e questa è proprio la figlia del re Agamennone, Ifigenia (pare che il re abbia ucciso un cervo sacro alla dea Artemide, ma questo sembra un motivo fiabesco più che mitico) In ogni caso Agamennone procede al sacrificio della figlia. Possiamo immaginare il suo strazio, ma la sacrifica, nell’interesse della collettività. Dieci anni dopo, i Greci riescono ad espugnare Troia. Al suo ritorno in patria, Agamennone viene ucciso da Egisto, amante di Clitennestra, madre di Ifigenia, che non ha perdonato al marito il sacrificio della figlia ed ha covato in cuore per dieci anni la vendetta terribile. A sua volta Oreste, figlio di Agamennone e di Clitennestra, per vendicare il padre, uccide la madre e l’amante di lei. A questo punto le Furie (simbolo della follia) inseguono Oreste, costringendolo a fuggire, e a vagare disperatamente, in cerca di un po’ di pace. Molti mali, dunque, anzi una catena maledetta di eventi, sono la conseguenza di quel sacrificio – il che potrebbe già essere un giudizio negativo. Poi si scopre che Ifigenia, al momento del sacrificio, era stata sostituita dalla dea Artemide con un cervo (o una cerbiatta) e promossa sacerdotessa. Bella conclusione, che dimostra come in fondo agli dei dell’Olimpo non piacessero molto i sacrifici umani.

Il destino domina su tutti

Hegel, il filosofo tedesco che scrisse, fra l’altro, una Filosofia della Religione, annovera la religione greca fra quelle spiritualiste accanto all’ebraismo – una religione caratterizzata da un rigoroso monoteismo. La cosa sembra un poco assurda, ma…

Ma c’è il fato che domina su tutti, uomini e dei – ed è forse lui, nella religione politeista, il vero Dio. Ananke, la Necessità, stringe tutto, la natura e la storia, nel suo invincibile abbraccio. E alla fine le Moire (la morte) colpiscono tutti senza fare eccezioni. Incredibilmente, gli dei possono ritardare gli eventi (il ritorno di Odisseo ad Itaca, ad es.), ma non evitare che accadano, se è destino che accadano. Per questo Zeus scuote il capo quando gli immortali cavalli da lui donati ad Achille piangono la morte di Patroclo. Non avrei mai dovuto donare degli immortali a un mortale, pensa Zeus. Anche lui, come tutti, deve piegare il capo di fronte alla Necessità.

Nuove esigenze

Col tempo, e con la disgregatrice opera svolta (come vedremo) dai filosofi, da Senofane a Platone, questa pittoresca religione si svuotò di significato. Nacquero allora i così detti Misteri eleusini e orfici. Se anche non erano collegati al dio Dioniso, ne condividevano però il significato profondo – un diverso senso del sacro e un diverso modo di mettersi in contatto con la divinità. Nei Misteri di Eleusi si onoravano Demetra e la figlia Persefone, prigioniera del dio Ade, simbolo della primavera che sempre ritorna, quindi della rinascita. C’era, però, ancora, il senso forte della divinità della natura. Nei Misteri orfici, invece, finisce per prevalere un’impostazione decisamente spiritualista: è fondamentale la teoria dell’anima e della reincarnazione che la costringe in un corpo. È una vera svolta culturale che influenzerà perfino la filosofia, soprattutto pitagorica e platonica. Così, se da un lato la filosofia aveva contribuito con la sua critica al tramonto della religione politeista, le nuove forme di religiosità, a loro volta, finiscono per influenzare la filosofia.