E’ il futuro che ci chiama

Ad ogni nuovo anno gli Inventori cercano una strada da percorrere.

È dapprima toccato a Corpo che sono e corpo che ho, un avventurarsi nei diversi aspetti della “corporeità”, appartenenti tanto alla struttura organica, alla “fisicità”, quanto alla trascendenza, al “mistero”, della persona.

Nel secondo anno abbiamo affrontato lo Stare dentro ai tempi nuovi, il tema cioè della tumultuosa trasformazione della nostra società occidentale, caratterizzata da un “conflitto” tra la tradizione e il presente che pone in crisi ogni verità e che rischia di portare la persona alla perdita di un “centro” cui riferirsi.

In continuità con un percorso già tracciato, per l’anno 2012 la scelta è caduta sulla strada È il futuro che ci chiama, prendendo spunto da un testo di Giovanni Vannucci:

Il tempo vitale, il tempo vissuto, non parte dal passato verso il presente ma parte dal futuro verso il presente. Il seme che cresce nei nostri campi perché sviluppa ora le sue radici? Perché c’è il tempo vivente che lo chiama dal futuro, e il grano che cresce “sogna” la figura, la spiga, che un giorno riuscirà a raggiungere nella sua maturazione. Il presente è una risposta nella vita concreta, nel reale, agli appelli che ci vengono dal futuro.

Vuole essere un richiamo alla speranza, virtù innanzitutto saldamente umana, speranza in un futuro mondo migliore che non può costruirsi su passive ireniche attese per le generazioni a venire ma esige una risoluta presa di coscienza ed un mettersi all’opera da parte delle generazioni presenti, cioè da noi che ora abitiamo questo mondo.

Scrive Ermes Ronchi (Il futuro ha un cuore di tenda, Romena, Pratovecchio 2010):

Ci sono due modi per leggere il tempo: dal passato verso il presente, oppure dal futuro verso il presente. Il tempo vitale parte dal futuro. Il presente non è che una risposta agli appelli che ci vengono dal futuro. L’importanza data al futuro rivela la vitalità di una persona, di una famiglia, di una comunità. L’energia vitale, la statura di un gruppo è direttamente proporzionale all’importanza che il futuro e i progetti hanno in quel gruppo […] Il futuro degli inventori si nutre di desiderio, di passione e di poesia, anche solo di gocce: «Il fiume comincia con la prima goccia d’acqua, l’amore con il primo sguardo, la notte con la prima stella, la primavera con il primo fiore» scrive don Primo Mazzolari […] Il futuro che ci chiama ha un abito da sposa. Anche se il presente indossa un abito di stracci […] L’uomo e la donna di fede non si scandalizzano della sproporzione tra il presente e il futuro, ma lo sanno vivere come un inizio. La speranza è il nome che noi diamo alla sproporzione tra quanto ci è promesso e quanto abbiamo fra le mani”.

Sia questo lo spirito che anima la nostra ricerca nell’anno che viene… è un augurio che Inventori di strade rivolge comunque a tutti!